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Breve viaggio verso sud

gimale

Well-known member
In attesa della diretta del fantastico giro intorno al mondo di Maurizio, Roberto e relative consorti vi invito a seguirmi in questo viaggetto a tappe verso la Calabria.

Il paese in cui vivo in provincia di Savona è gemellato con un piccolo borgo in provincia di Cosenza e ogni anno una delegazione del mio paese viene invitata alla Sagra delle Castagne che si svolge laggiù.

Quest’anno abbiamo deciso di unirci alla “spedizione” anche io e mio marito e ne abbiamo approfittato per fare un viaggio a tappe.

Siamo partiti di martedì per arrivare al venerdì pomeriggio e vivere il clou della festa.


Prima tappa: Livorno

Qui vivono dei nostri amici conosciuti in crociera oltre 10 anni fa e con cui continuiamo a sentirci e a vederci appena si può.

E’ il 4 novembre, festa delle forze armate, e l’Accademia Navale di Livorno è aperta alle visite: è d’obbligo approfittarne!

L’Accademia di Livorno è nata dopo l’Unità d’Italia su proposta di Camillo Benso Conte di Cavour.

Con l’Unità d’Italia furono accorpate le diverse regie Marine esistenti nel Paese e vennero mantenute due scuole per gli Ufficiali: una a Genova dove gli allievi studiavano materie tecniche e una a Napoli dove gli allievi frequentavano i primi due anni di formazione.

Nel 1878 con legge presentata dall'allora ministro della Marina, l'ammiraglio Benedetto Brin, fu indicata come sede Livorno.

La scelta di Livorno fu fatta basandosi sul alcune peculiarità della città: posta sul mare, non lontana dall’Università di Pisa e con gli edifici dei due antichi lazzaretti a disposizione.

L’Accademia di Livorno venne inaugurata nel 1881.

Dal 1923 nei locali dell’Accademia della Marina vennero ospitati anche gli allievi della neonata Regia Aeronautica prima del trasferimento nella sede di Pozzuoli avvenuta 3 anni più tardi.

Ma ora entriamo…

Accediamo attraverso il cancello di San Jacopo che si trova su Viale Italia e ci registriamo sul registro dei visitatori; quindi seguiamo due giovani allievi che ci faranno da guida nella prima parte della visita.

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Percorriamo il viale alberato lungo cui si trovano i busti di personaggi importanti appartenuti al corpo della Marina fino ad arrivare all’ingresso dell’edificio principale dell’accademia.

Ai lati del portale le ancore delle due corazzate della Regia Marina: la Vittorio Veneto e la Italia.

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Appena varcata la porta ci invitano ad entrare subito a destra nell’area museale accompagnati direttamente dall’ufficiale responsabile che ci ha raccontato tanti aneddoti interessanti.

Nella prima sala i registri dove fino agli inizi degli anni ’90 e a partire dalla fondazione della Accademia sono stati registrati i dati di tutti gli allievi compresi gli imbarchi e note varie.


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In una teca sono esposti alcuni elementi delle divise utilizzate nelle accademie di Genova e Napoli e non molto differenti da quelle odierne. Uno scritto ne descrive la storia e la composizione.

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Sulle maniche della giacca da allievo sembra mancare un bottone…. Nel 1922 il principe Umberto, che divenne re come Umberto II, frequentò l’Accademia qui a Livorno e durante il suo primo imbarco di addestramento conobbe Maria Josè che divenne poi sua moglie e come pegno d’amore si strappò un bottone dalla manica per donarglielo. Per questo atto avrebbe rischiato una dura punizione ma tutti i suoi compagni di corso si strapparono un bottone dalla manica. Nessuno fu punito e la mancanza del bottone divenne un elemento distintivo della divisa da allievo.

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Proseguiamo entrando nella seconda sala dove sono conservati i modellini di alcune delle più importanti navi della Marina Militare donati da ex allievi o da lavoratori dei cantieri navali.

Il primo che incontriamo è quello dell’Incrociatore Emanuele Filiberto Duca d’Aosta. È stato varato nei cantieri di Livorno nel 1934 ed è entrato in servizio nel 1935. Era alimentato a vapore ed era armato con 14 cannoni di cui antiaerei, 8 mitragliere e 6 tubi lanciasiluri. Inoltre imbarcava 2 idrovolanti.

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Nel 1938 insieme alla gemella Eugenio di Savoia partì per un viaggio attorno al mondo ma quando si trovarono in Sud America a gennaio 1939 vennero richiamate in patria per lo scoppio della seconda guerra mondiale.

Durante la guerra svolse prevalentemente funzione di scorta ad altre navi da combattimento.

Al termine del conflitto, in ottemperanza alle clausole del trattato di pace, il Duca d'Aosta venne ceduto all'Unione Sovietica come riparazione per i danni di guerra; la consegna avvenne il2 marzo 1949 nel porto di Odessa.

Il secondo modellino è dell’incrociatore Varese varato nel 1899 dai cantieri di Livorno ed entrato in servizio effettivo nel 1901.

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Nel 1906 partecipò alla spedizione italiana ai Giochi olimpici di Atene.
Nel corso della guerra italo-turca, fu utilizzato attivamente nelle operazioni di invio e di sbarco di truppe e materiali in Libia, oltre che in azioni di blocco delle coste africane e di tiro alle postazioni militari ottomane.

Durante la prima guerra mondiale fu dislocato nell’Adriatico e alla fine della guerra, dal 1920 al 1922 fu utilizzata come nave scuola dell’Accademia, dopodiché venne posto in disarmo e radiato il 4 gennaio 1923.

L'incrociatore Varese venne sostituito nel compito di Nave Scuola per gli allievi dell'Accademia di Livorno dal gemello Francesco Ferruccio che avrebbe svolto tale compito fino al 1929.
 
L'Ettore Fieramosca fu un incrociatore corazzato della Regia marina italiana, gemello della torpediniera Etna.

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La nave fu impostata il 31 dicembre 1885 nei cantieri Orlando, Livorno, in corso d'opera venne allungata di circa due metri rispetto alle sorelle. Al momento del varo, avvenuto il 30 agosto 1988, la nave venne riclassificata come incrociatore corazzato di secondo livello.

Nel 1899 fu di stanza in Sud America, mentre nel 1900 venne inviata in estremo Oriente per appoggiare con i suoi reparti da sbarco le operazioni internazionali in Cina, durante la rivolta dei Boxer.

Venne radiata dalla Regia marina il 15 luglio 1909 ed infine inviata alla demolizione il 15 maggio del 1911.

Con la imminente dismissione delle navi scuola Varese e Ferruccio, nel 1925 la Regia Marina ordinò la costruzione di due nuove navi. La costruzione della Cristoforo Colombo e dell’Amerigo Vespucci iniziò nel 1926 nei cantieri di Castellammare di Stabia ed entrarono in servizio, rispettivamente, nel 1928 e nel 1931.

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Dopo la fine della seconda guerra mondiale anche la Cristoforo Colombo venne consegnata all’Unione Sovietica nel porto di Odessa. Venne utilizzata saltuariamente per l’addestramento dei marinai sovietici fino al 1959. Venne poi disalberata ed adibita a nave mercantile per il trasporto di legname finchè nel 1963 fu praticamente distrutta da un incendio. Non venne considerato conveniente un suo recupero e rimase abbandonata fino al 1971 quando venne definitivamente demolita.

Il Pisa è stato un incrociatore corazzato della Regia Marina, entrato in servizio nel 1907 è stato impiegato nella guerra Italo-Turca e in operazioni marginali nella prima guerra mondiale.

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Tra il 1925 ed il 1930 l'unità fu adibita al ruolo di nave scuola per le campagne d'addestramento dell'Accademia Navale.

Negli ultimi anni fu convertita in nave caserma finchè fu radiato nel 1937 e avviato alla demolizione.

Nella sala successiva sono esposti anche i registri con le fotografie di tutti gli allievi che hanno terminato il ciclo di studi in Accademia che fino al 1946 era di 4 anni e poi è diventato di 5.

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Tra gli allievi dell’Accademia ci fu anche Giovanni Falcone che però non terminò neppure il primo anno poiché fu ritirato dal padre con la lettera esposta accanto alla foto di un giovanissimo Falcone.

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Entriamo ora nella sala delle bandiere. Il colore di fondo della bandiera è assegnato ciclicamente, uno per anno, ed i colori sono blu, grigio, verde, amaranto ed il giallo oro che è stato aggiunto nel 1947 quando i corsi sono passati da 4 a 5 anni.

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Il disegno della bandiera, il motto e il nome del corso fino al 1934 veniva scelto dal primo allievo del corso stesso; dall’anno successivo viene scelto collegialmente da tutti gli allievi del corso durante l’imbarco sulla Vespucci nel primo anno. Sulla Vespucci c’è una sala apposita in cui gli allievi vengono chiusi finchè non viene scelto un nome condiviso.

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Tra queste bandiere c’è anche quella del corso “Invicti”.

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Il pomeriggio di giovedì 3 marzo 1977 alle 15:05, un velivolo C-130, appartenente alla 46^ Aerobrigata dell’Aeronautica militare, con il nominativo radio VEGA 10, decollò dall’aeroporto di Pisa San Giusto per effettuare un volo di ambientamento a favore degli allievi dell’allora prima classe dell’Accademia Navale di Livorno. Dopo solamente cinque minuti di volo l’aereo si schiantò, per cause a tutt’oggi poco chiare, sulle pendici del Monte Serra che divide i comuni di Pisa e Lucca. Nel tragico episodio persero la vita 38 allievi della prima classe dell’Accademia Navale, il loro ufficiale accompagnatore tenente di vascello Emilio Attramini e cinque membri dell’equipaggio dell’Aeronautica Militare.

Questo tragico evento segnò particolarmente gli allievi della prima classe sopravvissuti che scelsero, a termine della campagna d’istruzione estiva su nave Vespucci, di dare al proprio corso il nome Invicti: "mai vinti e mai divisi" per ricordare per sempre anche chi tristemente perse la vita durante l’incidente aereo.

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Nel gennaio 2000 uscì il primo bando di concorso per l’arruolamento femminile e in quell’anno le prime donne furono ammesse ai corsi.

Ed ora usciamo nel grande cortile dove assisteremo all’ammaina bandiera.

Il cortile si apre sul mare ed è circondato su tre lati dall’edificio principale della Accademia.

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Sull'edificio principale si staglia la scritta "Patria e Onore": motto della Marina Militare Italiana e simboleggia i valori che guidano i suoi membri, ovvero l'attaccamento alla nazione e l'integrità morale e professionale.

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Di fronte a noi si il “brigantino” utilizzato per l’addestramento degli allievi.

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Sotto gli alberi del brigantino è aperta una grande rete che una volta serviva in caso di caduta accidentale dall’alto degli alberi; però ci hanno spiegato che non è più omologata ed è rimasta solo come testimonianza storica: oggi per evitare incidenti vengono usati dispositivi di protezione individuale.

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Intanto il sole scende sempre più in basso sull’orizzonte e gli allievi e la banda si preparano …

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Vi risparmio il video con l’inno nazionale perché si sente in sottofondo io che canto e non è proprio il caso.

Terminata la cerimonia veniamo accompagnati verso l’uscita. Un'ultima occhiata al brigantino e non nascondo la grande commozione che ha suscitato in me la cerimonia e l'inno Nazionale

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ci dirigiamo verso la terrazza Mascagni dove ci viene regalato un fantastico tramonto.

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Seconda tappa: Cortona

A sole due ore e mezza da Livorno si trova questo bellissimo borgo in provincia di Arezzo. Lo spostamento verso il borgo è stato molto piacevole passando lungo la litoranea fino a Cecina per poi deviare verso l’interno lungo la Val Cecina fino a Siena e poi verso Arezzo.

Cortona è tutta in salita ed abbiamo camminato a lungo su e giù per il bellissimo centro storico.

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Prima tappa della nostra breve visita è stato il MAEC, Museo dell'Accademia Etrusca e della Città di Cortona, ospitato in Palazzo Casali costruito nel XIII secolo.

La visita inizia dai piani sotterranei dove sono ospitati numerosi reperti etruschi e romani provenienti dalle numerose tombe trovate nei siti archeologici circostanti la città.

Sono esposti reperti molto antichi alcuni risalenti al periodo del bronzo come queste punte di lance.

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La collezione del museo si è arricchita con il ritrovamento del Tumulo II del Sodo.

Il Sodo è un’area che si trova ai piedi della collina di Cortona e dove sono stati ritrovati 3 tumuli sepolcrali tra cui il II è quello più monumentale.

Numerose sono state le olle cinerarie in bronzo o terracotta ritrovate.

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Queste sotto sono coppe in bucchero, una particolare ceramica etrusca, spesso sottile e leggera, che è stata utilizzata tra il VII e V secolo a.C.

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Della seconda metà del VI secolo a.C. è questo letto funebre in tufo decorato con immagini di donne che sembrano strapparsi gli abiti, sui due blocchi laterali, e donne piangenti su quello centrale.

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Splendidi esempi di lavorazione dei metalli sono questi montanti di un morso equino, questa ascia e questi manici a forma di cervo.

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Continuiamo la visita del MAEC passando alla sezione dedicata all’epoca romana di cui i reperti più importanti provengono da una villa che ricopriva un’area di circa 1000 mq ed è caratterizzata dalla presenza di tre diverse fasi abitative a partire dal 50 a.C. fino alla metà del V secolo d.C.

E’ stata trovata nella frazione di Ossaia ed è denominata Villa della Tufa.

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Il mosaico bianco e nero, datato tra la seconda metà del I secolo a.C. e la prima metà del I secolo d.C., proviene dalla grande villa romana ed abbelliva una stanza che probabilmente era una camera da letto.

Il mosaico policromo con le due pantere proviene da una sala probabilmente destinata ai banchetti.

Questo strano oggetto simile ad una anfora era un contenitore in cui venivano allevati i ghiri.

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Al piano superiore si trovano alcune opere tra cui questo trittico dipinto da Bicci di Lorenzo, pittore fiorentino (1373-1452): è databile fra il 1425 e il 1430.

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Questo invece è un bellissimo mosaico del XIII secolo denominata “la Vergine Orante”

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Uno dei pezzi più importanti del MAEC è il lampadario etrusco. Rinvenuto fortuitamente nel 1840 nella zona di Fratta, era destinato ad un santuario certamente di rilievo del territorio e fu prodotto in officine dell’Etruria interna, forse orvietane, intorno alla metà del IV sec. a.C.

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Musa Polimnia

È uno dei simboli dell’Accademia; donata da Luisa Bartolozzi Tommasi nel 1851, subì lunghe vicissitudini anche giudiziarie prima di essere definitivamente acquisita dall’Accademia.
Si tratta di una pittura su lastra di lavagna, realizzata secondo schemi tratti dalla tradizione antica ma è datata nel corso del XVI secolo, se non nel Settecento.

Altri reperti conservati nel museo.

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Usciti dal museo ci siamo diretti verso il duomo edificato attorno al VI secolo sui resti di un tempio pagano e nella seconda metà del 1400 l’interno è stato completamente rifatto secondo il gusto rinascimentale.

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La volta a botte risale, poi, agli inizi del 1700 ed è stata ridipinta nell'ultimo ventennio del secolo XIX.

Il ricco altare maggiore in marmi e pietre dure è stato realizzato nel 1664 ed è sormontato da un baldacchino ornato da angeli dorati.

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Continuando a salire su per le strade della città arriviamo alla chiesa di San Francesco.

La chiesa sorge su una sorta di piattaforma artificiale raggiungibile attraverso una ripida scalinata.

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La chiesa fu iniziata nel 1246 su terreni donati dal Comune di Cortona a Frate Elia, che fu probabilmente anche il progettista della chiesa, già officiata nel 1254 ma consacrata solo nel 1374.

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L’interno è a navata unica e gli altari laterali risalgono al XVII secolo. Sulle pareti sono ancora visibili i resti di alcuni degli affreschi che ornavano in origine le pareti della chiesa.

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